Da Gaza a Gerusalemme: il racconto di un giovane cristiano di Gaza

Giacomo Pizzi25 Aprile 2012

Riportiamo il racconto dei cristiani di Gaza, dove ATS continua a supportare le attività e i bisogni della parrocchia.

Non è semplice, per chi vive a Gaza, ottenere un permesso per raggiungere Israele. Per i cristiani della Striscia, così vicini ai Luoghi Santi, poterli toccare davvero rimane spesso un sogno, sommando la frustrazione alla difficoltà quotidiana di abitare un piccolo lembo di terra in cui si deve fare i conti tutti i giorni con la mancanza di acqua e di elettricità che condiziona la vita quotidiana, con la difficoltà di trovare un lavoro – il tasso di discoccupazione supera il 40 per cento – e con quella, per i cristiani, di essere una piccolissima minoranza: meno dell’uno per cento sul totale della popolazione ormai arriva a a sfiorare il milione e 700mila persone.

A Gerusalemme abbiamo incontrato uno di loro. George, giovane padre di famiglia, ha potuto raggiungere la Città Santa dopo tanti anni di divieto assoluto – rientra nella fascia di età a cui Israele ha escluso di poter concedere un permesso – grazie alla mediazione del patriarcato copto. Il fratello di sua moglie, cristiano copto, ha chiesto che suo figlio potesse essere battezzato nella Città Santa e dunque, per questa occasione, a George e alla sua famiglia è stata concessa la possibilità di venire qui, proprio nel periodo delle feste di Pasqua: “In effetti è la prima volta che posso venire qui e partecipare alle feste in Gerusalemme… sono molto felice… mi sono sentito davvero un cristiano, qui, in mezzo a tutte queste persone, in tutte queste celebrazioni. Sono davvero felice… Racconteremo a tutti di questi giorni… voglio dire, sono stato vicino al Santo Sepolcro.. e certamente porterò tutte queste esperienze a Gaza, le racconterò a tutti e pregheremo, anche, che altri possano venire e sperimentare tutto questo, speriamo…“.

Con lui abbiamo parlato anche della vita nella Striscia, dove proprio nei giorni prima della Pasqua la situazione di scontro con Israele si è inasprita, con la morte di un bambino palestinese di soli 12 anni: “Il pericolo c’è sempre quando si arriva al combattimento.. un reale combattimento tra Israeliani e palestinesi… è vero, ci sentiamo in pericolo, però… non e’ tutto nelle nostre mani. Voglio dire, noi preghiamo per la pace nel nostro paese, preghiamo che questo conflitto finisca presto”.

Una testimonianza in cui convive la speranza di poter essere ascoltato, l’urgenza di far conoscere il desiderio dei cristiani di Gaza: “Le persone dovrebbero sapere che noi siamo esseri umani.. che desideriamo partecipare alle nostre celebrazioni cristiane… non siamo un pericolo per la sicurezza, e la prova è che io sono qui…. e non sono una minaccia per nessuno … questo è un nostro diritto, ed è quello che noi sogniamo, di festeggiare qui, a Gerusalemme.. sono i Luoghi Santi, e quando si tratta di celebrare le feste, la Pasqua in modo speciale… noi dovremmo essere qui, non a Gaza”.