Gaza e Siria: le tragedie infinite del Medio Oriente e le voci di chi è sul campo

Giacomo Pizzi9 Luglio 2014

Il Medio Oriente non conosce tregua. Le emergenze umanitarie continuano su più fronti, il numero dei morti e dei feriti cresce ogni giorno di più, e si fa fatica a vedere uno spiraglio oltre la spirale di violenza.

Il cielo di Gaza è di nuovo illuminato dalle bombe. Ieri un ordigno è esploso a pochi chilometri dal campo estivo organizzato dalle Suore del Santo Rosario a cui partecipano 157 bambini. P. Mario, del Patriarcato latino di Gerusalemme, racconta: “Eravamo al telefono con le suore di Gaza e abbiamo assistito a un’esplosione in diretta, udendo l’urlo dei bambini che si trovano in parrocchia per il campo estivo”. Secondo il sacerdote gli alunni sono stati subito rimandati a casa dalle proprie famiglie, accompagnati dagli animatori che hanno approfittato di un momento di tregua per uscire dagli edifici della parrocchia e percorrere le strade della città. “I bambini – aggiunge p. Cornioli – sono terrorizzati, così come tutta la popolazione di Gaza”.

Anche nella vicina Siria la situazione continua a essere grave: “La Siria è un paese devastato, non esiste più nulla, la gente è allo stremo delle forze – ci dice fra Simon, responsabile della Regione San Paolo per la Custodia di Terra Santa. Dagli ultimi report del Syrian Network for Human Rights, sono stati documentati un milione e centomila feriti dal marzo 2011, data di inizio del conflitto. Il 45% sono bambini. 120.000 persone sono costrette a vivere con una disabilità permanente e con complicanze dovute all’amputazione di arti. Il numero di morti è salito a 133.586, di cui 15.149 bambini.

Poco tempo fa è caduto un mortaio sulla testa di un bambino di 5 anni, che veniva al nostro catechismo – continua a raccontare p. Simon – “Il piccolo è morto, mentre poco dopo un nostro giovane frate è rimasto vivo per miracolo, quando un altro mortaio gli è caduto a un metro e mezzo di distanza e non è esploso. La gente vive nel terrore, si sente continuamente in pericolo, ogni secondo. Anche io, che mi devo spostare per portare aiuti e visitare i nostri parrocchiani, mi sento continuamente in pericolo. Ma so che non devo perdere la speranza. Noi frati vogliamo restare e continuare ad aiutare chi è rimasto in quella terra martoriata”.

Per quanto possiamo, restiamo vicini alle vittime di questi conflitti.

Ogni contributo è fondamentale per aiutare chi soffre. I bisogni sono enormi e moltissima gente sopravvive solo grazie agli aiuti provenienti dall’esterno, che vengono rapidamente trasferiti sul campo.

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