Il Custode di Terra Santa parla del progetto “Gerusalemme, pietre della memoria”

Giacomo Pizzi11 Novembre 2010

“A Gerusalemme, nella città santa, i francescani hanno da molto tempo, da molti secoli, molte unità abitative per la comunità cristiana, per le pietre vive. Ed è un luogo dove la memoria e le pietre vive coincidono.” Queste le parole con cui padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa e presidente di ATS pro Terra Sancta, introduce il progetto “Gerusalemme: pietre della memoria” promosso da ATS pro Terra Sancta grazie ai contributi di generosi donatori privati. “Queste case però hanno bisogno di essere ristrutturate, rimesse in ordine, proprio perché sono molto vecchie, e, dunque, come Custodia di Terra Santa e Associazione di Terra Santa, abbiamo avviato il restauro delle unità abitative per la comunità cristiana.” Con l’obiettivo di mantenere “vivo” questo luogo della memoria proprio grazie alla presenza delle pietre vive e dare una dignità di vita ai cristiani che vivono in Terra Santa.

Le unità abitative sono circa 600, mentre i restauri ad oggi completati poco più di 80. Tante, quindi, le richieste ancora non accolte. “Tutti vogliono tutto e subito e anche questo è un problema, nello stabilire i criteri. I criteri non sono soltanto i bisogni reali ma anche economici. Bisogna anzitutto partire dal budget che abbiamo a disposizione. E non è sempre facile bilanciare le attese, la realtà e le possibilità”, dichiara padre Pizzaballa.

Tanti i problemi sia nello svolgimento dei lavori che nell’amministrazione delle unità abitative. “Nel portare avanti il lavoro ci sono sempre dei problemi”, spiega il Custode di Terra Santa, “problemi di diverso genere. Innanzi tutto vi sono problemi con le famiglie, paradossalmente, perché dopo tanti anni di non cura delle loro case forse hanno paura di perdere il posto, e quindi c’è tutto un lavoro culturale che deve essere fatto. Poi c’è il lavoro fisico, concreto, perché sono strutture antiche che devono essere conservate. Ma si tratta di edifici sotto la tutela dell’ Israeli Antiquity Authority e quindi non si possono attuare tutte le soluzioni previste o che si vorrebbero proprio perché, giustamente, i beni devono essere conservati. Poi ci sono i problemi con gli operai, gran parte dei quali deve venire dai Territori perché non ci sono sufficienti operai a Gerusalemme. Ma ottenere i permessi per questa gente è sempre una grande complicazione.”

Ma i lavori e la raccolta fondi a favore del restuaro di questi importantissimi edifici continuano. “Il fatto che le case siano vicine al Santo Sepolcro per noi è fondamentale. Fa parte della visione della Custodia che i luoghi santi siano vivi ed è quindi importante che siano abitati. Dobbiamo abitare questi spazi. All’inizio, nei primi secoli, i primi cristiani, i discepoli, si ritrovavano nei Luoghi Santi per pregare. Vivevano intorno ai Luoghi Santi. Cafarnao era una domus ecclesiae. Vivevano lì, ci vivevano attorno. E questo principio deve essere mantenuto. Perché pietre della memoria e pietre vive siano insieme. Questo è indissolubile. Per cui è fondamentale per noi restaurare le case che sono intorno al Santo Sepolcro, perché il Santo Sepolcro non sia soltanto un luogo della memoria ma un luogo vivo dove la comunità cristiana continua a ritrovarsi.”