Proseguono i lavori a Sebastia- l’esperienza di un’archeologa italiana che ci lavora

Giacomo Pizzi5 Gennaio 2011

SebastyaUn’esperienza nata un po’ per caso, tramite una ricerca su internet: é cosí che Morena Tramonti, giovane archeologa italiana, ha scoperto l’esistenza del progetto “Sebastia”, promosso da ATS pro Terra Sancta, ed é partita per la Terra Santa per dedicare qualche mese alle attivitá che da diversi anni vengono svolte nel villaggio palestinese.

Come hai conosciuto il progetto di Sebastia e cosa ti ha spinto a decidere di partire?

Ho conosciuto il progetto con una ricerca su internet. Volevo conciliare le mie capacità professionali con un’attività che avesse un fine socialmente utile. Questo dovuto al fatto che il lavoro archeologico che svolgo attualmente in Italia non è molto soddisfacente da un punto di vista dell’utilità sociale, nel senso che adesso come adesso investire nel patrimonio culturale è l’ultima delle preoccupazioni del nostro paese. Ho iniziato con una semplice ricerca di archeologia per lo sviluppo, e tra progetti agricoli in Sudamerica e altre cose molto lontane dalle mie capacità è spuntato il progetto Sabastia di Ats pro Terra Sancta.
Di cosa ti stai esattamente occupando a Sebastia?

Sono specializzata in archeologia medievale, con una tesi in archeologia dell’architettura. A Sabastia, durante un intervento di recupero e bonifica di alcuni edifici del nucleo storico del villaggio, adiacenti alla basilica crociata di S. Giovanni Battista, è stato intercettato un piccolo edificio religioso fortificato crociato, molto rimaneggiato nelle epoche successive, ma ben conservato. Gli edifici dovevano essere reimpiegati come centro giovanile, ma una volta intuita la loro natura, i responsabili del progetto, l’archeologo Padre Michele Piccirillo, la dottoressa Carla Benelli e l’architetto Osama Hamdan, hanno optato per un restauro che valorizzasse il sito in quanto tale. Quello che ho fatto in due mesi a Sabastia è stato studiarne le strutture e le tecniche edilizie da un punto di vista archeologico, e trovare confronti sul territorio, per comprenderne il primo impianto e capire come e quando è stato trasformato nella sua forma attuale.
Da un punto di vista archeologico, Sebastia è come te la immaginavi?

Direi di no, non mi aspettavo un sito di questa entità. Di Sabastia conoscevo le informazioni edite degli scavi archeologici e gli studi sulla cattedrale crociata, ma non avevo idea del valore storico degli edifici recuperati, che è notevole. Mi auguro che si possa approfondire la ricerca, perché lì si conservano cose molto interessanti. Per quanto riguarda il progetto nemmeno. Avevo letto abbastanza per sapere cosa si facesse a Sabastia, a livello di attività, di restauri e di iniziative, ma finché non ho iniziato a capire in che tipo di territorio si trovi da un punto di vista sociopolitico non ne ho compreso il vero valore. Credo che sia un caso raro di tutela e valorizzazione, in un territorio massacrato. Il fine di utilità sociale lo rende credo anche unico.

Com’è vivere in un villaggio così piccolo, isolata dai grandi centri abitati?

In generale rilassante, la vita nel villaggio è lenta, le persone hanno tempo per stare insieme, per raccontarsi. Si entra in una dimensione di familiarità molto stretta, in cui non ci si sente isolati. Sono stata accolta e coinvolta da subito. E con un’accoglienza così le comodità di una città per me sono passate in secondo piano. E nel tempo libero ho imparato un sacco di cose: a cucinare falafel e humus, a creare piccoli mosaici, ho preso alcune lezioni di arabo.

Com’è il rapporto con gli abitanti del villaggio, sia per quanto riguarda il lavoro che le attivitá extraprofessionali?

Si sono dimostrati disponibili, e anche pazienti, fin da subito. Mi hanno fatto conoscere bene il loro territorio da un punto di vista archeologico e sono sempre stati collaborativi quando ho avuto bisogno del loro aiuto.

Per il resto del tempo mi hanno fatto sentire a casa, protetta e anche coccolata, e nonostante le difficoltà (non parlo una parola di arabo) e le differenze culturali non mi sono sentita estranea. Sono persone molto comunicative, che hanno voglia di farsi conoscere e di spiegare il loro punto di vista, le loro credenze, le loro abitudini, e di loro uno dei pregi più grandi è il buon umore, il sorriso, la voglia di scherzare e di essere spensierati. È stato molto istruttivo da un punto di vista umano.
Come viene percepito, secondo te, il progetto dalla popolazione locale?

Credo che il villaggio si divida in due su questa questione: chi crede nel progetto, chi ha voglia di partecipare e di esserne coinvolto, e chi invece non sa nemmeno di cosa si tratti. La vita nel villaggio a volte è immobile, e la mia sensazione è che nonostante sia davvero piccolo e gli abitanti circa 3000, molti ne siano all’oscuro. Ma credo che questo dipenda da un’attitudine un po’ disinteressata, non dalla natura del progetto. Chi invece crede nel progetto è completamente coinvolto, ne ha compreso il valore, e si prodiga perché vada avanti. Non credo che qualcuno sia contrario, l’impatto sul villaggio è solo positivo, e immagino che anche i più conservatori non possano avere nulla in contrario ad uno sviluppo di questo tipo.
Quali sono, secondo te, le potenzialità turistiche di Sebastia, anche da un punto di vista delle risorse archeologiche e dei lavori fatti nel villaggio?

 

 

Credo che siano alte, per certo lo sarebbero in un territorio meno complicato. Da un punto di vista archeologico molto è ancora da riportare alla luce, e si tratta di strutture imponenti, che potrebbero essere riutilizzate dopo un buon restauro, dato lo stato di conservazione in cui si trovano. Per il progetto ora come ora quanto è stato ottenuto è al di sopra di ogni aspettativa, viste le innumerevoli difficoltà. Ma le basi sono solide, la voglia e l’entusiasmo non mancano, le competenze in gioco sono molte e le persone coinvolte, partecipanti e sostenitori, sono determinate a proseguire su questa linea. I turisti con cui ho avuto modo di scambiare qualche parola sono tutti rimasti contenti di Sabastiaa, c’è anche chi torna spesso, per il piacere di passare una giornata in un posto davvero bello, e in quest’atmosfera laboriosa e genuina, che dà speranza. È importante che le persone si avvicinino a queste realtà, il turismo è un mezzo di comunicazione potente. Mi auguro che il progetto di Sabastia continui e contagi il territorio, sarebbe una sorta di rinascita, sicuramente lenta ma legittima.