Emergenza Siria, intervista a padre Pierbattista Pizzaballa

Giacomo Pizzi4 Maggio 2015

“La situazione umanitaria, in particolare ad Aleppo, è straziante. Mancano elettricità e acqua, la gente vive continuamente sotto i bombardamenti”.

Fra Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa e Presidente di Associazione pro Terra Sancta, appena tornato da un breve viaggio in Siria, ha ancora vive negli occhi le atrocità di una guerra giunta ormai al quinto anno.  Ce le racconta in un’intervista a cura di Associazione pro Terra Sancta.

Padre Pizzaballa, quali zone ha potuto visitare e quali sono le più colpite dal conflitto?

Sono stato a Latakieh, Damasco e Aleppo. Non ho potuto andare nei villaggi del Nord perchè c’erano dei combattimenti in corso per prendere Jisr Al Shugur,, una cittadina che era sotto il controllo governativo e adesso è stata conquistata da Al Nusra. I jihadisti hanno distrutto in poco tempo anche tutte le nostre proprietà, ma questo non è il problema principale. Sono le tante famiglie sfollate che bussano alla nostra porta che preoccupano. La città più colpita è senza dubbio Aleppo, dove la popolazione vive in condizioni disastrose. Le uniche forme di lavoro che sopravvivono sono per soddisfare i bisogni primari della popolazione, parlo di piccole attività commerciali e negozi di alimentari.

Quali sono le principali difficoltà della popolazione?

Il costo della vita è aumentato drasticamente, non si può nemmeno quantificare con esattezza. Cresce  ogni giorno. La lira siriana poi non viene più utilizzata e, anche se è proibito, si usa il dollaro. Il sistema sanitario è insufficiente per rispondere con tempestività ai bombardamenti. Il nostro ospedale di Aleppo è uno dei pochi funzionante, ma molti medici sono scappati e anche chi è rimasto incontra diverse difficoltà a operare adeguatamente.

Le persone che ha incontrato ad Aleppo come si immaginano il futuro della Siria?

La gente ha capito che la vecchia Siria è finita e non esisterà più. Accanto a questa consapevolezza c’è un profondo senso di frustrazione, di disorientamento e di angoscia. Nessuno è in grado di capire cosa accadrà. Ad Alepppo la domanda principale non è su quale sarà il prossimo governo, se tornerà Assado no, ma se l’ISIS riuscirà presto o tardi a entrare in città.

Quanto è importante il traffico di armi nel conflitto?

E’ determinante. Le armi vengono dall’Occidente e il fatto che arrivino in Siria significa che qualcuno le produce e qualcun altro le compra. Sono Lobby internazionali che hanno evidentemente interessi perché questo conflitto prosegua senza sosta. Non sono esperto di questioni politiche, ma è evidente che questa situazione fa comodo a qualcuno.

Che fine ha fatto l’opposizione moderata ad Assad?

Se c’è non si vede. Le uniche due forze presenti contro il governo sono Al Qaeda e l’Isis, che a quanto pare hanno ricominciato a parlarsi. Gli altri non esistono più. Non so dire con precisione cosa sta accadendo. In Siria è sempre stato difficile capire “chi fa cosa”, ma che le opposizioni si stiano organizzando e coordinando è innegabile e se non ci saranno interventi dall’esterno sostanziali il pantano in cui si è messa la Siria durerà ancora a lungo.

Cosa significa la vostra presenza per la popolazione?

E’ fondamentale restare in Siria, perché la gente non ha solo bisogno di pane per vivere. A volte conta di più una parola di conforto, un abbraccio o una stretta di mano. Non abbiamo la pretesa di cambiare le sorti della guerra, ma in questa guerra abbiamo davvero la possibilità di cambiare noi stessi, di rimboccarci le maniche e darci da fare, di continuare a credere che l’uomo sia fondamentalmente buono perché creato a immagine di Dio, e non permettere che la logica della guerra diventi anche per noi il criterio con il quale guardare a tutta questa violenza. I frati operano nonostante tutto con una normalità disarmante. Anche nella paura, che è grande e innegabile.

C’è spazio per sperare in Siria?

Tanti piccoli segni ci dicono che sperare è possibile e aggiungerei doveroso. I poveri si aiutano tra loro, in particolare chi ha perso la casa. C’è chi ha ricavato uno spazio in casa sua per accogliere gli sfollati. Ho assistito a un funerale di una madre morta con le due figlie: c’erano tante donne musulmane con il velo che partecipavano alla messa per piangere assieme ai vicini cristiani. E’ un grande segno di solidarietà. Non è vero che tutte le relazioni si sono spezzate, come vorrebbero farci credere. Sono piccole cose, lo so. Ma restano segni importanti, in questo mare di odio.

Che cosa chiede all’Occidente e a ciascuno di noi?

Chiedo di non dimenticare. C’è tendenza a dimenticare, dopo i primi momenti di interesse, i nostri fratelli che continuano a morire in Medio Oriente. E poi chiedo di aiutare economicamente le realtà che sono ben radicate nel paese e che nonostante questa guerra atroce continuano a lavorare per costruire. E’ importante e necessario non arrendersi, continuare a credere che sia possibile fare qualcosa, che non si sia alla fine della nostra storia,  ma che sia invece possibile conservare quel patrimonio unico che il Medio Oriente ha preservato fino ad oggi.

Cosa fa Associazione pro Terra Sancta e come puoi aiutarci.

Anche tu puoi essere al fianco dei frati francescani e dei 4 centri di accoglienza, che provvedono ai bisogni più immediati dei più poveri della popolazione in Siria.

Servono cibo e latte per i bambini, vestiti, occhiali, medicine, operazioni chirurgiche e cure mediche; per sistemare provvisoriamente case distrutte dai missili, per pagare gli affitti e anche i viaggi per fuggire; per le rette scolastiche.

Ecco come utilizziamo le tue donazioni:

  • con 30 euro: compriamo ciboacqua potabile e cure per i bambini
  • con 50 euro: ci aiuti a rifornire di coperte un centro di accoglienza.
  • con 100 euro: garantisci la retta scolastica per un bambino, il che vuol dire toglierlo dalla strada
  • con 250 euro: sostieni l’acquisto di un macchinario medico per l’ospedale di Aleppo o l’affitto per una famiglia

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