Custode Patton

“Cercare il bene delle persone che ci sono affidate”. La lettera del Custode di Terra Santa

Giacomo Pizzi12 Marzo 2020

In questi giorni il Custode di Terra Santa, fra Francesco Patton, ha scritto un’importante lettera a tutti i frati della Provincia, colpita anch’essa dal coronavirus, da quella che l’OMS ha ormai definito “Pandemia”. La Terra Santa si trova in una costante emergenza, resa più acuta da quanto sta accandendo, e la preoccupazione del Custode è quella di un padre che parla amorevolmente ai suoi figli. Siamo lieti di riproporre alcune parti, fondamentali per quel che riguarda anche il nostro lavoro in questi giorni di difficoltà. Ringraziamo il nostro presidente fra Patton per quello sguardo paterno che accompagna i nostri collaboratori in quarantena. Sarà nostra cura inviarvi nelle prossime ore aggiornamenti sulla situazione che stiamo attraversando e sulle attività dei nostri progetti che cerchiamo di portare avanti in queste difficili settimane. Ecco alcuni passi della lettera:

“In quanto discepoli di Gesù, siamo prima di tutto uomini di fede e conserviamo la fiducia che il Padre celeste non cessa di prendersi cura del suo popolo e di ciascuno di noi anche in questo tempo. Non viene meno il nostro credere che Lui è il Padre provvidente, che veste i gigli del campo e nutre gli uccelli del cielo e a maggior ragione si prende cura dei suoi figli. Non viene certo meno neanche la consapevolezza della precarietà della nostra esistenza umana alla quale la parola di Dio spesso ci richiama”.

“Proprio perché discepoli di Gesù crediamo che sia importante vivere in modo personale e particolarmente intenso quelle tre indicazioni che lui stesso ci dava il Mercoledì delle Ceneri, all’inizio del cammino quaresimale: praticare la misericordia, pregare e digiunare, il tutto nel segreto che solo il Padre conosce (cfr. Mt 6). Viviamo noi per primi queste tre dimensioni fondamentali della vita cristiana e della Quaresima e proponiamole anche ai fedeli che frequentano i nostri santuari, le nostre chiese e le nostre parrocchie. Viviamole come forma di intercessione, di preghiera potente che penetra le nubi, di abbandono fiducioso che commuove il nostro Padre del Cielo. Facciamo nostra la litania che per secoli è sgorgata dal cuore dei cristiani: “A peste et fame et bello, Libera nos Domine”, che potremmo attualizzare in questo modo: “Liberaci o Signore dalle epidemie contagiose, dalla fame e dalla guerra”.

“La nostra prima preoccupazione non deve essere quella di salvare noi stessi ma di cercare il bene delle persone che ci sono affidate, a qualsiasi popolo appartengono e qualsiasi religione professino. Se ci verranno chiesti sacrifici li faremo per il bene di tutti e con la disponibilità di chi ha già donato la propria vita al Signore per amore dei propri fratelli. Se avremo delle attenzioni speciali non sarà prima di tutto perché abbiamo paura di essere contagiati, ma eventualmente per non trasmettere a nostra volta il contagio. E cercheremo in tutti modi di continuare la nostra missione, tenendo conto delle indicazioni sanitarie delle autorità civili e di quelli pastorali dei nostri vescovi”.

“Il Serafico Padre interceda per noi la capacità di sopportare in pace “infirmitate et tribolazione” e il Signore benedica e custodisca ciascuno di noi”.