Terra Sancta Musuem

Due archeologi a confronto, cercando la verità dei Vangeli

Giacomo Pizzi27 Maggio 2014

Grande successo a Padova per la serata organizzata dall’Istituto culturale Rosmini di Padova in Collaborazione con l’Associazione pro Terra Sancta. Giovedì 22 maggio, alla vigilia del viaggio apostolico del Santo Padre in Terra Santa, due grandi intellettuali si sono raccontati nella sala dello Studio Teologico della Basilica del Santo. Dan Bahat, archeologo e docente all’Università di Toronto, e padre Eugenio Alliata, direttore dello Studium Biblicum Franciscanum a Gerusalemme, hanno condiviso la loro lunga esperienza sui luoghi toccati da Cristo: la terra dove Dio ha scelto di venire ad abitare a metà tra il racconto evangelico e – appunto – l’archeologia.

“L’archeologia non butta via niente di quello che trova – ha detto don Filippo Belli prima di lasciare la parola ai relatori – É interessata a tutti i dettagli, il cui insieme rende coerente il percorso storico”.

Poi ha preso la parola padre Eugenio Alliata, che si è soffermato soprattutto su Nazareth e Cafarnao. Sulla casa del principe degli Apostoli (dove abitava anche Gesù) e sulla soglia che divideva il cortile interno dall’esterno dell’abitazione, ha esclamato “É impossibile che l’archeologia ci porti più vicino di così a ciò che i Vangeli ci raccontano. A Cafarnao oggi sembra quasi di sentire il profumo delle parole di Gesù!“.
Ha concluso sugli scavi di Nazareth, mostrando come l’estensione del villaggio nel primo secolo si estendesse al massimo a 50 famiglie. Per questo l’apostolo Natanaele ha potuto esclamare “Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?”. Poi però, ha aggiunto padre Eugenio, “è stato concepito il Messia”, da un villaggio così piccolo, mai menzionato nelle fonti bibliche.

Dan Bahat, dopo un excursus storico sulle origini della santità di Gerusalemme con il sacrificio sul monte Moria di Abramo, ha mostrato al pubblico alcune immagini ricostruite del tempio e delle strade del primo secolo, le stesse calpestate da Gesù. Immagini di cui l’archeologo si è detto “assolutamente certo”. Ha continuato poi soffermandosi su una fotografia dei gradini del tempio con la scritta “agli anziani”, il luogo “dove risiedevano i dottori del Tempio (gli anziani, appunto) che hanno perso la disputa teologica con Gesù da ragazzo”. Ha quindi riaffermato l’autenticità del luogo tramandato dalla tradizione come quello della sepoltura – e resurrezione – di Gesù, il Santo Sepolcro, sostenuto dai ritrovamenti archeologici delle tombe ebree di prima del 70 d.C. “A pochi passi dal sepolcro venerato – ha affermato Bahat – e dalla presenza del famoso graffito della barca con la scritta “Domine Ivimus”, c’è la testimonianza cristiana più antica di tutta Gerusalemme. Un motivo in più per non dubitare.

Dopo qualche minuto di domande, la chiosa è di padre Alliata: “L’archeologia è una scienza umile, è contenta di trovare quello che trova”. Quasi disarmante, nella sua semplicità.