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Il nostro viaggio a Beirut: “Una città distrutta, fondamentale il nostro aiuto per ripartire”

Giacomo Pizzi16 Ottobre 2020

Tommaso Saltini, direttore di Pro Terra Sancta e Giacomo Gentile ci portano con loro nel loro viaggio a Beirut, in visita ai progetti avviati da Pro Terra Sancta dopo l’esplosione, grazie al generoso aiuto di molti. Con loro andiamo a vedere le ferite lasciate dalle esplosioni del 4 agosto, che ha aggravato una terribile crisi già in atto dal 2019. 

Una città distrutta, una città in ginocchio. Siamo a Beriut. Macerie su entrambi i lati della strada lungo le vie del porto. Il direttore di Pro Terra Sancta Tommaso Saltini e Giacomo Gentile, responsabile dei progetti in Libano e Siria, guidati da padre Firas Lufti, camminano lungo alcune strade del quartiere cristiano di Gemmayzeh a Beirut. Ci mostrano le immagini dal cellulare. Lo spettacolo è desolante.

Osserviamo assieme a loro i danni tangibili provocati dalla tremenda esplosione del 4 agosto. La detonazione del deposito di ammonio mal custodito al porto della città ha provocato il disastro di cui tutti abbiamo impresse le immagini nella nostra mente. Edifici crollati, tetti caduti, interi palazzi senza porte e finestre per un raggio di 20 km dall’epicentro. “300.000 famiglie sono rimaste senza casa – spiega padre Firas – e siamo alle porte dell’inverno, se non si riescono ad aggiustare le case in tempo, le famiglie non possono rientrare”. “Molti negozi hanno chiuso – interviene Giacomo – dove una volta il quartiere era frequentatissimo, soprattutto la sera, oggi non si vede nessuno”.

Le storie di chi ha perso tutto nell’esplosione

L’esplosione ha dato il colpo definitivo all’economia libanese già profondamente in crisi. La crisi economica che aveva portato in piazza tanti manifestanti nel 2019 si è notevolmente aggravata. La pandemia e l’esplosione hanno fatto il resto. Il 50% della popolazione libanese vive sotto la soglia di povertà. Questa crisi ha provato ulteriormente la classe media. “Un ragazzo giovanissimo, studente di fisica, ha dovuto prendere l’auto di suo padre per fare il taxista durante il giorno e lavora in un centro commerciale alla sera per pagare l’università (400$ al mese). La sua famiglia – ci spiega Giacomo – non può pagare le tasse universitarie e così, se vuole anche solo sognare in un futuro, deve lavorare ogni giorno tutto il giorno, e studiare nei momenti di pausa”.

Tra le persone che vengono aiutate c’è anche Marie: vedova con figlio e madre a carico, erano al supermercato assieme mentre la casa veniva interamente distrutta con l’esplosione. E il peggio sarebbe arrivato dopo. “Quando sono tornata al lavoro sono stata licenziata perché anche la mia azienda era in gravi condizioni economiche dopo quello che era successo. In una settimana ho perso casa e lavoro, e ho mia figlia da mantenere”.

Il centro di aiuto nel convento

Tommaso, Giacomo e Firas raggiungono il convento francescano, centro dell’attività pastorale della Custodia di Terra Santa. Anch’esso è stato gravemente danneggiato dall’esplosione. Il ministro della provincia San Paolo padre Firas sottolinea: “Il convento sorge in quello che fu il primo teatro di Beirut: un edificio antico e di grande valore storico. Grazie al sostegno dei donatori siamo riusciti a ripararne almeno una prima parte”. L’ingresso principale è ancora inagibile. Li seguiamo nel cortile del convento dove si trova il centro di aiuto. A pochi giorni dal disastro è stato montata una postazione in cui le famiglie si possono recare per chiedere aiuto. Qui avvengono le distribuzioni dei medicinali, dei pasti e dei beni di prima necessità.

“Oggi abbiamo aiutato 60 famiglie. In totale fino a questo momento abbiamo dato sostegno a più di 200 nuclei familiari”, spiega Fadi. Facciamo la conoscenza anche degli altri giovani volontari che, come Fadi, si sono subito messi a disposizione dei francescani: Stephanie, una giovane farmacista, Paula, George e molti altri studenti universitari.  Per padre Firas sono un aiuto della Provvidenza: “Il Signore è colui che ti manda le persone buone, questi ragazzi sono animati da spirito francescano. Lo spirito con cui lavoriamo con lo staff e la gente segue l’enciclica del Papa ‘Tutti fratelli’. Aiutiamo con gioia e con occhi luminosi.”

Senza la partecipazione dei volontari e del sostegno dei tantissimi donatori che dai primi momenti della crisi si sono prodigati per aiutare, tutto questo non sarebbe stato possibile. “La lista di richiedenti aiuto sta crescendo – aggiunge il direttore, Tommaso Saltini – le famiglie sono venute a sapere che i francescani assieme a noi offrono questo servizio e vengono in tanti a farne domanda”. Giacomo spiega che probabilmente questa esplosione ha fatto emergere situazioni di povertà prima nascoste e sopite: “Stephanie ci ha detto che non immaginava ci fossero così tanti poveri nel quartiere. È un dato allarmante, ma noi vogliamo leggerlo anche come un’occasione per poter davvero aiutare, creare legami e rete tra gli abitanti”.

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