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Le mani e il cuore di Mattia, fiositerapista volontario a Betlemme

Giacomo Pizzi21 Marzo 2018

Mattia è un giovane fisioterapista di trent’anni. Dopo aver studiato a Milano e un’esperienza in Germania, un amico francescano lo ha spinto a venire in Terra Santa proprio a Betlemme. “Dopo tre mesi all’orfanotrofio La Chreche, – spiega il ragazzo – mi avevano colpito le storie e i volti di quei bambini, per questo ho voluto continuare a dar loro una mano”. Così grazie ad ATS pro Terra Sancta e l’Associazione Habibi, Mattia ha lavorato per un anno con gli anziani della Società Antoniana di Betlemme e con i bambini dell ‘Hogar Niño Dios, la casa di accoglienza per bambini handicappati, abbandonati o in grave necessità, gestita dalle religiose della Famiglia del Verbo Incarnato. In Palestina manca un sistema pensionistico o di assistenza sanitaria pubblica, quindi senza donazioni e l’aiuto delle suore e frati questi anziani e bambini sarebbero del tutto abbandonati. “Questi luoghi per loro sono l’unica salvezza” racconta Mattia mentre massaggia le gambe di Maria (84 anni), ferma da anni nel letto.

betlemme anziani “Takkè” dice Afifeh, ogni volta che sente il rumorino delle sue articolazioni che vengono mosse. Lei ha più di novant’anni ed è una delle più anziane ospitate nella struttura. “All’inizio lei mi diceva in arabo bukhra thigi – racconta lui – poi ho capito che mi diceva “Torni domani?” e mi ha davvero commosso perché vuol dire che ho lasciato qualcosa”. Quando si avvicina a salutare altri pazienti, alcune donne gli baciano le mani e se le portano alla fronte, un gesto tipico qui, rivolto ai sacerdoti delle chiese orientali ma che ora è rivolto a lui come ringraziamento per quelle mani che alleviano le sofferenze. “Nel rapporto medico-paziente il rapporto umano è tutto – spiega lui – specialmente in una casa di riposo dove il paziente è sempre a letto. Ma il momento umanamente più gratificante è il pasto perché sai che dandogli da mangiare gli stai dando la vita!”.

Ciò che più ha colpito Mattia di Betlemme è l’accoglienza della gente: amici, lavoratori e pazienti che lo hanno fanno sentire come un figlio. Così come figli sono i suoi piccoli pazienti dell’Hogar.

Prendendo in braccio Duah, una bellissima bambina di 5 anni che ne dimostra due, spiega “faceva fatica a stare seduta, invece adesso dopo un anno di lavoro sta in piedi e con un minimo supporto cammina”. Molti di loro sono affettuosi con lui e a volte non a parole, proprio come Marcellino (Mohammad di betlemme bambini nome). Lo ha conosciuto a La Chreche, non parla forse a causa di un trauma, ma corre e sorride sempre, e prende la mano di chi si avvicina per dirgli di seguirlo e giocare con lui.

“Con gli anziani e con i bambini ti rendi conto che il risultato non è l’unica cosa che conta quando ci sono problemi irrisolvibili” spiega Mattia massaggiando le articolazioni di Sofir, una bambina di 7 anni, il cui grave  ritardo mentale non le permetterà mai di camminare. Lo scopo del suo lavoro era migliorare quanto più possibile la dignità di queste persone che non hanno nulla e ci è riuscito.

Ora è il suo l’ultimo giorno di lavoro e gli hanno organizzato una una festa di addio con i bambini dell’Hogar ma sicuramente il magico tocco delle sue mani rimarrà impresso soprattutto nel cuore e nel sorriso di questi anziani e bambini di Betlemme. Grazie ad ATS pro Terra Sancta, ha potuto dare il suo contributo nell’alleviare le sofferenze del corpo e rendere felice la loro anima! Nella città dove è nato il Salvatore ritornano così le parole di Gesù: Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me (Mt 25,40)

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