Rialzarsi e rinascere

Giovanni Caccialanza2 Novembre 2021

Il viaggio in Siria di Guendalina e di Tommaso

Tutto è distrutto qui, vedi?”, dice Guendalina Sassoli, presidentessa del Collegio Sostenitori di Associazione Pro Terra Sancta, mostrandomi le foto del grande suk di Aleppo, ormai ridotto ad un cumulo di macerie o poco più. “Era anche più grande, forse, di quello di Istanbul”, e scorrono, veloci, le immagini delle volte traforate dagli ordigni, delle pareti franate o sventrate dalle esplosioni. 

“Però poi, nella penombra delle botteghe chiuse e devastate, appare una lucetta timida”, racconta meravigliata la donna. “È uno dei pochi commercianti che ancora ci credono, che provano a ricominciare. In tutto il suk sono rimasti in tre”. Una pausa di silenzio, la foto che mi mostra è quella di un uomo solo, alla luce pallida di una lampadina ad incandescenza appesa a stento ad un filo; l’uomo è chino su di un pezzo di lamiera, concentrato in un’operazione particolarmente fine. Intorno a lui, sono pietre franate, serrande squarciate, e macerie senza fine. “Ci vuole un bel coraggio”, soggiunge con un sospiro la donna. È di questa Siria coraggiosa che si parla qui.  

Il viaggio

Ed in effetti, è in uno strano dialogo di distruzione e di speranza che si è svolto il viaggio in Siria di Guendalina e Tommaso, due dei responsabili operativi di Associazione Pro Terra Sancta. Un itinerario che da Beirut, capitale libanese, li ha portati prima a Damasco e poi ad Aleppo, lungo le cicatrici, tutt’ora sanguinanti, del conflitto, aprendo gli occhi al sole, che chiede di rialzarsi e di rinascere. 

Rialzarsi: quanto difficile in una città come Damasco. Nella capitale siriana, i due si addentrano nel chiaroscuro vicoli cittadini, respirano l’aria carica di spezie, e sentono da ogni parte, di traverso, gli sguardi sospettosi della gente. “Meglio non parlare qui, non si sa mai”, quante volte si sentono dire questa frase. “La situazione politica è chiara a tutti, e condiziona la vita della gente. Non si può parlare di nulla che possa anche lontanamente essere compromettente: anche chiedere: ‘Che lavoro fai?’ può metterti in cattiva luce, farti sembrare uno dei servizi segreti”. 

Andarsene e rimanere

È in questo clima paralizzato dalla paura, sospeso ai contorti fili della diffidenza che si incontra un artigiano, venditore di vetro. Ha ventisei anni, la barba curata, una camicia pulita; intorno a lui i colori sgargianti della manifattura locale; sorride, nella luce calda della sua bottega. “Tra una settimana lascerà tutto; se ne andrà negli Emirati Arabi, dove vive un suo fratello”, racconta Guendalina. “Quello è l’unico modo che ha per non finire nell’esercito: lasciare tutto, andare via”. 

Rinascere: quanto arduo per chi fronteggia quotidianamente le sfide della povertà e della violenza. “Ma Pro Terra Sancta è lì proprio per questo, per offrire una nuova speranza a chi, in Siria, si sente costretto ad andarsene. E tu li capisci, ma devi provarci; provare a rilanciarli”. 

I finanziamenti per gli imprenditori

È questo rilancio personale a costituire lo scopo del progetto che Pro Terra Sancta ha aperto a Damasco. Un concorso per premiare le idee migliori nel campo della piccola imprenditorialità, per consentire almeno un briciolo di quella normalità finita in frantumi con la guerra, di questo si tratta. Rispondono in 105 piccoli imprenditori: “è un numero straordinario, se si considera il contesto”, dice Guendalina. A Damasco, i due incontrano i migliori venti; e comincia la lunga teoria delle foto che li ritraggono. 

Sono volti sorridenti, sono prodotti colorati, profumati, saporiti, verrebbe da dire. “Questo è un artigiano; a quarant’anni ha perso tutto per la guerra, ora vorrebbe ricominciare comprando macchinari ed assumendo due ragazzi”. Guendalina cambia la foto, ci fa vedere gli intarsi che l’uomo produce: piccoli capolavori, ricami nel legno. “Per permettergli di cominciare, gli offriamo circa cinquemila dollari”: il costo di un paio di elettrodomestici in Europa; due stipendi e la vita professionale di due giovani in Siria. 

Un’università che resta

Poi ci sono i cuochi, gli agricoltori, le ricamatrici, i coltivatori di spezie, i saponificatori; Guendalina si sofferma sul viso di un giovane sorridente e incamiciato. “Lui viene dall’Università. Quella, almeno, resiste qui in Siria. Ha incontrato una compagna di corso sordomuta, e adesso vuole mettere a punto un’applicazione per permetterle di interagire con tutti: lei si inquadra mentre utilizza l’alfabeto segnico, e l’applicazione restituisce le parole in linguaggio ordinario”. Scintille, scintille nel buio. 
“A proposito di Università”, interviene Tommaso, “quando ci siamo passati di fronte, a Damasco, l’uomo che ci guidava per la città (per fare da interprete, n.d.r.) si è fermato e ci ha chiesto di fotografarla. Non lo aveva mai fatto: ci teneva che noi vedessimo, che raccontassimo che in Siria l’Università è in piedi, che funziona. Voleva farlo sapere”.