Sebastia: torna al suo splendore la Sala Crociata, da troppo dimenticata

Giacomo Pizzi29 Ottobre 2018

A un primo sguardo, il piccolo borgo immerso tra colline di oliveti e mandorli non sembra differenziarsi dai tanti villaggi della campagna palestinese. Tuttavia Sebastia, un piccolo paese nel cuore della Samaria, nasconde tra le case e i campi resti di colonne, capitelli, strutture di edifici antichi che lasciano intravedere il fiorente passato di questa città che fin dai tempi del racconto biblico ebbe un ruolo preminente nella zona. Abitata con certezza sin dall’Età del Ferro, Sebastia fu la capitale del regno di Omri e vide susseguirsi nei secoli una lunga serie di dominazioni: assira, greca, asmonea e romana. Fu concessa da Ottaviano Augusto, da cui prese il nome (Sebaste in greco significa Augusta), a Erode il Grande, il quale dette avvio alla costruzioni di numerosi nuovi edifici. Con Erode prima e Settimio Severo successivamente, la colonia romana raggiunse il suo massimo splendore: l’Augusteum, il Teatro il Tempio a Kore e lo Stadio i cui resti sono visibili ancor oggi, appartengono a quest’epoca.

Con l’arrivo del cristianesimo è conosciuta dalle fonti come il luogo in cui fu sepolto San Giovanni Battista. Il santuario bizantino dedicato al Battista, costruito sopra la tomba, fu poi ristrutturato e ampliato durante il regno crociato. I Crociati vi costruirono una monumentale basilica, seconda per grandezza solo al Santo Sepolcro di Gerusalemme,  mentre il nipote di Saladino, dopo aver conquistato la città, la trasformò in moschea ancor oggi utilizzata.

Il grandioso passato di Sebastia e il suo preziosissimo patrimonio artistico furono portati alla luce da numerose campagne di scavo condotte negli anni da inglesi ed americani, ma è sicuramente negli anni più recenti, dal 2005 in poi, grazie a contributo della Cooperazione italiana, del Mosaic Centre Jericho, di ATS pro Terra Sancta in collaborazione con l’Al Quds University e il Comune di Sabastia che l’antica città ha preso nuovamente vita.

Un esempio di questo fondamentale lavoro di riqualificazione è la scoperta de “La grande sala crociata”. Dopo un anno e mezzo di campagna di scavo, dal 2011 al 2012, con più di 25 persone del posto impiegate nei lavori, dalle macerie ed dai detriti accumulati nei secoli è emersa una sala del periodo crociato di 7 metri di altezza e 7 di lunghezza, ma che in origine doveva essere di più di 60 metri. Secondo gli archeologi la sala, che si trova nella parte sud-orientale del paese, era la più bassa di tre strutture poste l’una sull’altra probabilmente usate per la conservazione e l’immagazzinamento di prodotti agricoli. Durante gli scavi, inoltre, sono emersi resti di periodi precedenti: parte di quello che probabilmente era l’acquedotto romano e ed una parete più antica risalente alle mura della città del periodo bizantino.

L’edificio ristrutturato era stato pensato come centro polifunzionale a disposizione della comunità locale, ma la gestione del Comune per lungo tempo non l’ha valorizzato al meglio in tutte le sue funzionalità. Lo scorso agosto Mosaic Centre e ATS pro Terra Sancta hanno raggiunto un accordo con la municipalità: la sala è tornata nelle mani di coloro che le avevano dato vita; in occasione del Festival di Sebastia dello scorso settembre, il giardino di Al Badd (la pressa) e tutta la sala sono stati ripuliti e resi accessibili al pubblico. Lo spazio culturale de “la grande sala crociata” verrà utilizzato per workshop, mostre, proiezioni multimediali di film e documentari. Insieme alle Guest House di Sebastia e Nisf Jubeil, il laboratorio di ceramica e di cucina di Nisf Jubeil, questo luogo entra a far parte di un più ampio itinerario turistico nei dintorni di Nablus. “Prendersi cura del passato è un modo per aiutare gli abitanti di queste terre a conoscere il valore della loro tradizione traendone lavoro e beneficio”, dichiara l’architetto responsabile del progetto e fautore dell’accordo con la municipalità, Osama Hamdan.  “Questa azione di riqualificazione rientra nel più ampio progetto di conservazione e tutela del patrimonio archeologico, storico, culturale e sociale palestinese”.