work in progress libano

Work in Progress: creare opportunità per i giovani libanesi

Giacomo Pizzi13 Luglio 2023

“Oggi è molto più facile vendere panini che fare l’ingegnere agronomo”.

George, ha una laurea e un master, ma fa il panettiere. Vive in Libano, un paese che da tempo non gli offre nessuna opportunità.  Il suo profilo professionale è troppo alto per un mercato sempre più povero. Come lui, tanti e sempre di più i giovani che fuggono. Ed è sempre più difficile trovare un lavoro. La lira libanese si svaluta continuamente, e manca la liquidità per affrontare ogni tipo di spesa. La mancanza di prospettive è ciò che fa più male. Per questo, oltre un anno fa, è nato il progetto “Work in Progress”, promosso da Pro Terra Sancta e giunto oggi alla seconda edizione.

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Work In Progress: il progetto

Il processo è abbastanza semplice e riguarda ragazzi che hanno tra i venti e i trent’anni di età: chi lo desidera presenta un’idea per una start up, e tra coloro che vengono selezionati (sono 31 i progetti ammessi quest’anno), ben dodici vengono premiati con un finanziamento a fondo perduto. Per creare un’azienda, offrire lavoro e opportunità. E sognare un futuro diverso, anche nel paese con il tasso di inflazione alimentare più alto al mondo. “Ho un terreno, vorrei metterlo a reddito. Potete aiutarmi?” “Ho intenzione di portare avanti l’azienda dei miei genitori. Come faccio?”. I giovani che hanno partecipato a questa prima selezione sono pieni di domande. “Vedere questi giovani che desiderano mettere in piedi un’azienda in un contesto così complicato è un esempio per tutti, anche per noi”. Paolo Fumagalli, commercialista e docente alla Cattolica di Milano, è stato il primo a coinvolgersi. Oltre a lui, un team di grandi professionisti nel consiglio direttivo. Tra gli altri Daniele Sacco, Mario Mauro, Mario Sala, Domenico Pietrantonio. Amici di una vita, appena tornati da Beirut dove hanno intervistato i giovani protagonisti della seconda edizione (di cui ben 26 hanno scoperto l’iniziativa tramite i social network). “Ho visitato un coffee shop gestito interamente da persone disabili – continua Fumagalli – e perfettamente funzionante”. Il responsabile di sala è autistico e i camerieri hanno la sindrome di Down. Wassim, il titolare, ha deciso di offrire un’opportunità lavorativa ai suoi dipendenti. Alcuni hanno deciso di applicare per questa edizione di Work In Progress e di ideare una piccola attività, un bar tutto loro. “Sono contento per loro – dice Wassim – e non li vedo come potenziali concorrenti, ma come un’opportunità che hanno di diventare più autonomi e indipendenti”. Daniele Sacco, direttore Risorse Umane in Mondadori, ha incontrato tanti ragazzi che “hanno dimostrato – dice – una grande voglia di costruire per sé e per gli altri. Sono una scintilla di vita e vogliamo che sia alimentata. Abbiamo iniziato condividendo con loro il bisogno di mettere in piedi un’impresa, ma siamo arrivati pian piano a condividere la vita: il suo scopo, il suo fascino”. Il paese ne ha un grande bisogno.

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Vivere in Libano oggi

La situazione è in costante peggioramento, e capita spesso di vedere auto che girano senza targa perché la motorizzazione è in sciopero da mesi. Le persone che assalgono le banche. La fame, e la fatica. “Eppure – dice Mario Sala, consulente aziendale e già consigliere in regione Lombardia – non ho visto nessuno lamentarsi, ma solo sorrisi sui volti e voglia di fare. Ed è questo che costruisce”. Come i due ragazzi (20 e 21 anni) che assieme a una donna hanno proposto una start up dedicata alle feste: organizzano matrimoni, battesimi, compleanni. “Non dobbiamo perdere la voglia di festeggiare. E per farlo è necessario che tutto sia ben curato: anche questo fa parte della bellezza della vita”. Alla fine spunta Paola: due master ottenuti alla Sorbona e un curriculum che le aprirebbe le porte ovunque. E’ lì anche lei a presentare la richiesta per un’impresa dedicata a un tipo di agricoltura ipertecnologica pensata a più di 1000 metri di altezza. “Perché sei qui?”, le chiedono. Commossa, e grata, risponde: “Sono qui per mio nonno, che mi ha insegnato il legame con la terra. Sono qui per ridare qualcosa alla mia famiglia, che ha fatto tanti sacrifici per farmi studiare. E sono qui per la mia terra: se tutti i giovani se ne andassero, cosa rimarrebbe del Libano?”