francesco e sultano

Approfondire la storicità del dialogo tra San Francesco e il Sultano, per riscoprirlo oggi

Giacomo Pizzi21 Maggio 2019

In occasione dell’ottavo centenario dall’incontro tra San Francesco d’Assisi e il Sultano d’Egitto Al- Malik Al Kamil  avvenuto a Damietta nel 1219, la Custodia di Terra Santa insieme alla Facoltà di Scienze Bibliche e Archeologiche in collaborazione con le Pontificia Università Antonianum ha voluto organizzare da marzo a novembre 2019 una serie di conferenze, convegni, giornate di studio, pellegrinaggi e tavole rotonde per avviare una riflessione collettiva sul significato storico dell’incontro tra Francesco e il Sultano e per riflettere sui risvolti odierni in prospettiva di un dialogo interreligioso tra culture differenti.

Dopo le giornate svoltesi a Murcia (Spagna), Venezia e Roma, il 15 maggio è stato il turno di Gerusalemme. La Custodia di Terra Santa ha ospitato il convegno presso la sala dell’Immacolata del Convento di San Salvatore invitando tutti i partecipanti ad approfondire la storicità del dialogo grazie agli interventi di studiosi vicini all’ambiente francescano. Il moderatore della giornata Fra Narcyz Klimas, professore dello Studium Biblicum Franciscanum e vice archivista custodiale, prima di lasciare la parola del Custode Fra Francesco Patton e al Presidente della Facoltà di Scienze Bibliche e Archeologiche Fr. Rosario Pierri, ha ricordato che la conferenza è solo una parte di una più programma di celebrazioni che culmineranno a Gerusalemme nel mese di ottobre.

Il primo tra i relatori della giornata, Giuseppe Mandalà, del Consejo Superior de Investigaciones Científicas, ha proposto una lettura sinottica dello straordinario, ma non unico nel suo genere, colloquio culturale tra il Santo e il Sultano ponendo paralleli storici con altri episodi come quello tra Federico II e lo stesso Sultano Al-Kamil. Christian Grasso, membro dell’Istituto storico italiano per il Medioevo, ha incentrato la sua relazione su “La propaganda crociata al tempo di Francesco d’Assisi”. Entrambe le presentazioni della mattinata, pur non vertendo direttamente sul momento dell’incontro, hanno fornito un quadro più completo e aggiunto alcuni tasselli importanti nella ricostruzione del clima in cui il Poverello di Assisi si trovava ad operare.

Il celebre incontro si svolse a Damietta (in arabo: دمياط‎, Dumyāṭ), una città porto dell’Egitto che si affaccia sul Mar Mediterraneo, sul lato orientale del delta del Nilo. La sua posizione strategica per il controllo dell’acqua spingerà il re di Gerusalemme Giovanni da Brienne e le truppe crociate ad assediar la città per ottenere dal Sultano una ritrattazione sul dominio territoriale della Terrasanta, dopo la caduta di Gerusalemme per mano di Saladino nel 1187.  Damietta diventa il teatro della Quinta Crociata, che Christian Grasso nel suo intervento definisce “una delle più complesse spedizioni tra quelle promosse in età medievale ed anche una delle più lunghe dal punto di vista temporale”. Indetta da papa Innocenzo III nel 1213, la crociata venne messa in atto sotto il papato di Onorio III e durò circa nove anni; in questo arco temporale si colloca il viaggio di Francesco che partì da Ancora nel mese di maggio del 1219 e rimase a Damietta in “missione” dal 29 agosto, subito dopo la pesante sconfitta subita dai crociati, fino al 26 settembre data di fine della tregua tra i due eserciti.

Nella relazione pomeridiana lo studioso Luca Demontis, della Pontificia Università Antonianum, descrive molto chiaramente tutte le fonti che riportano questo incontro. Dante, nell’undicesimo canto del Paradiso, dedica due terzine al viaggio del Santo usando come fonte la biografia Legenda Maior composta da Bonaventura da Bagnoregio su San Francesco.

Come si evince dalle parole del sommo poeta fiorentino, la spinta di Francesco è inizialmente la sete del martirio e la volontà di conversione del Sultano musulmano. Nella Legenda Maior Francesco viene ben accolto dal sultano che lo vuole riempire di doni, ma Francesco rifiuta. Tra i due vi è un dialogo sulla fede cristiana, e discussioni insieme ad altri filosofi e dotti musulmani. Francesco propone l’ordalia come prova tangibile di fede ma, secondo l’agiografo, Dio non gli concede il martirio in vista di una gloria è più grande (da Cristo prese l’ultimo sigillo, /che le sue membra due anni portarno), ovvero le stigmate (Dante, Paradiso: XI,107-108).

Oltre all’opera del Bonaventura ed altri testi agiografici, vi sono attestazioni dell’ambiente crociato: per Giovanni da Vitry, vescovo di San Giovanni d’Acri, il Sultano è una “bestia crudele”, nemico della cristianità, mentre ne La Cronaca di Ernoul risulta essere un esempio di cortesia cavalleresca.

Ciò che emerge dalle fonti cristiane, in netta maggioranza rispetto a quelle musulmane che ignorano quasi del tutto l’evento, è una pluralità di voci e testimonianze che danno una lettura diversa dell’evento determinata dal diverso ambiente sociale, politico e religioso del narratore. Questa diversità, secondo Demontis, non deve spaventare, ma anzi “sottolinea l’importanza dello stesso evento e lo scalpore destato fra i suoi contemporanei”.

Le diverse fonti sono state la materia di tutta una vita del Frate Minore Giulio Basetti Sani (1912-2001) che si è concentrato sullo studio del rapporto tra san Francesco e l’Islam. Il frutto del suo lavoro è stato magistralmente esposto dal professore fra Fortunato Iozzelli che ha delineato, mettendo in luce anche alcune critiche, i caratteri innovativi dell’interpretazione basettiana di San Francesco. Per lo studioso, ispirato dalla sua vita quotidiana e permanenza in Egitto, Francesco viene visto come tendenzialmente contrario all’idea di crociata e guerra santa e adotta un approccio pacifico nei confronti del popolo musulmano.

A conclusione dell’evento il Custode – durante la consegna delle medaglie ai relatori – ha sottolineato l’importanza dei momenti di studio e la necessaria attuazione del messaggio di Francesco nella vita quotidiana dei Frati in Terra Santa: “A noi frati della Custodia interessa molto la storia, ma non solo, ci interessa capire ciò che ispira la nostra vita, la nostra presenza missionaria, una presenza che in questi 8 secoli ha visto più di 2000 frati uccisi in modo violento o come martiri di carità per l’assistenza ai malati a prescindere dalla religione a cui appartenevano.” Padre Patton ribadisce ai tantissimi frati, suore e uditori laici presenti in sala, l’importanza di questo incontro quale fondamento per il capitolo 16 della Regola non bollata, alla base modus vivendi e operandi dei Frati Francescani in Terra Santa.

L’episodio di Damietta, in tutte le sue sfumature e interpretazioni, rappresenta non solo per i francescani, ma per tutti coloro che operano in queste terre una parabola ispiratrice di un dialogo necessario tra le culture che vivono queste terra, un episodio che ispira da sempre l’operato di Associazione pro Terra Sancta in tutte i progetti con le comunità locali.

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