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Betania. Al convento francescano, un Iftar di “ospitalità, amicizia e fratellanza”

Giacomo Pizzi14 Giugno 2019

Le tavole imbandite occupano il sagrato del convento di Betania, la città a pochi chilometri da Gerusalemme in cui vivevano Lazzaro, Marta e Maria. Tutto è pronto per dare inizio, per il secondo anno consecutivo all’Iftar, la cena che interrompe il digiuno quotidiano che compiono i musulmani durante il mese di Ramadan, a cui, per l’occasione, insieme alla comunità locale islamica partecipano anche i Francescani della Custodia di Terra Santa.

Nel calendario islamico il Ramadan è appena terminato. Si tratta del nono mese dell’anno, durante tutto il periodo si pratica il digiuno in commemorazione del mese in cui fu rivelato il Corano. Questa ricorrenza annuale è considerata uno dei Cinque Pilastri dell’Islam, cioè uno dei cinque precetti religiosi che un buon musulmano deve rispettare. Il digiuno una pratica obbligatoria per i musulmani adulti, fanno eccezione i bambini, i malati e le donne incinta. Durante il digiuno dall’alba al tramonto, i musulmani si astengono dal consumo di cibi e bevande e dai vizi. Cibo e bevande sono servite giornalmente prima dell’alba e dopo il tramonto in pasti chiamati rispettivamente suḥūr e ifṭār.

Poco prima del tramonto gli invitati iniziano ad arrivare e ad accomodarsi, dal minareto illuminato di verde (il colore dell’Islam) dell’adiacente moschea si sente tuonante la voce del muezzin in preghiera: ecco lo scoppio del cannone dell’Iftar: i musulmani iniziano bevendo a piccoli sorsi latte di mandorla e mangiano i datteri per calmare lo stomaco dopo il digiuno, i cristiani si fanno il segno della croce, tutti insieme si può iniziare la cena.

Nei suoi molteplici viaggi verso la Città Santa, Gesù trascorse alcuni significativi momenti a Betania come ospite del suo amico Lazzaro e delle sue sorelle, nel discorso di benvenuto il Custode di Terra Santa padre Francesco Patton ricorda come lo spirito accogliente e fraterno del racconto evangelico su Betania sia oggi d’ispirazione nel dialogo interreligioso con la comunità locale a maggioranza musulmana: “”Betania è la casa dell’Amicizia” ha detto Fr. Patton “per questo è importante questa iniziativa dell’Iftar in cui noi, insieme, Cristiani e Musulmani, condividiamo il pasto. È un segno dell’impegno delle comunità affinché resti un posto di ospitalità, amicizia e fratellanza”.

Il Custode cita il documento firmato da Papa Francesco e il grande Imam che sancisce un patto di fratellanza tra cristiani e musulmani  di particolare rilevanza nell’anno in cui i francescani celebrano l’ottocentesimo anniversario dell’Incontro tra San Francesco e il Sultano: “ Un grazie a ATS pro Terra Sancta, a Osama Hamdan e  al Mosaic Centre per costruire ponti e non muri tra le nostre comunità con lo stesso proposito di vivere come un’unica famiglia”.

L’iniziativa dell’Iftar è infatti partita da un’idea del Mosaic Centre e ATS pro Terra Sancta che a Betania, con i fondi della Agenzia italiana per la cooperazione  (AICS) portano avanti un progetto di restauro, recupero del santuario promuovendo il turismo e l’arrivo di pellegrini. Un lavoro apprezzato da tutta la comunità “l’economia di Betania è collegata al turismo, facciamo il nostro meglio per migliorare le nostre relazioni con i cristiani, che sono la maggioranza dei turisti qui “ ha dichiarato il Dr. Musa Khatib, il vice sindaco della città, “ È la seconda volta che ci ritroviamo per questo evento e speriamo di farlo ogni anno perché è un segno di unità tra i musulmani e i cristiani”.

Anche Cristina Natoli, responsabile dell’ufficio di Gerusalemme dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione e lo Sviluppo, si è detta orgogliosa di finanziare ATS pro Terra Sancta ed il Mosaic Centre in un progetto che non solo va a recuperare il patrimonio artistico del luogo, ma anche a sostenere la comunità che vive intorno ad esso  creando delle opportunità di lavoro e di reddito che rafforzano i legami tra la realtà cristiana e musulmana.

Osama Hamdan, architetto responsabile dei lavori, ribadisce che “Fare Iftar dentro il convento è una buona occasione per mettere insieme le persone e conoscerci meglio. È la paura dell’altro che crea problemi, quando hai un’esperienza diretta delle persone superi tutti i problemi e capisci che siamo tutti uguali, ognuno con la sua religione”.

A riprova di come queste iniziative portino i loro frutti nelle relazioni tra le comunità Osama aggiunge: “Dopo la fine di Ramadan abbiamo raggiunto un accordo con l’Imam locale per cominciare i lavori di restauro della parte crociata che appartiene alla moschea. Vogliamo aiutare a conservare un patrimonio che è parte della storia palestinese, anche se non si tratta di un periodo islamico e stiamo dialogando per riuscire ad aprire al pubblico parte degli scavi sotto la moschea”.