Betania progetto ragazzi

Betania, quei ragazzi con le mani nel fango

Lucia Borgato6 Luglio 2023

“E’ stata un’esperienza bellissima perché abbiamo insegnato a tanti ragazzi la storia di questo paese, così da poterla valorizzare e – speriamo – preservare in futuro”. Jawad, il coordinatore del corso, è contento mentre tira un primo bilancio di questi giorni. Un progetto per ripensare l’archeologia, per farla conoscere ai ragazzi, per farli appassionare al loro patrimonio culturale e artistico. E’ ciò che sta accadendo a Betania, dove Pro Terra Sancta ha deciso di offrire a un gruppo di diciassette studenti (in un’età compresa tra i 14 e i 17 anni) l’opportunità di confrontarsi su un nuovo approccio all’archeologia rivolto non solo ad una maggiore conoscenza dei manufatti ceramici ma anche, e soprattutto, alla didattica. Si tratta di studenti, in maggior parte ragazze molto giovani e di tre studentesse dell’Università di Al-Quds, che hanno contribuito, in maniera attiva, al confronto.

Genesi dell’iniziativa

Carla Benelli, responsabile dei progetti culturali di Pro Terra Sancta, racconta la genesi di questo importante progetto: «Siamo presenti a Betania dal 2016. Abbiamo cominciato a lavorare nel santuario della Custodia dei francescani, dove negli anni Cinquanta degli scavi archeologici avevano messo alla luce alcuni resti del convento benedettino di periodo crociato legato alle figure di Marta e Maria – e dunque alla figura di Lazzaro. Questo luogo era in uno stato di abbandono, però di proprietà della Custodia di Terra Santa. Nel 2017 abbiamo cominciato i lavori proprio da lì e negli anni ci siamo allargati al centro storico della cittadina di Betania, intorno alla tomba di Lazzaro, coinvolgendo anche altre istituzioni, soprattutto l’Università locale.

Sviluppo dell’iniziativa

Nel corso degli anni le iniziative si sono moltiplicate, arrivando fino a oggi. Il corso ha volutamente limitato gli aspetti teorici preferendo quelli pratici: manipolare l’argilla per cogliere le diverse caratteristiche della materia prima; modellare la ceramica senza usare il tornio per meglio cogliere l’importanza della gestualità che un artigiano deve avere per ottenere dei manufatti funzionali; costruire una fornace orizzontale ed una a catasta per sperimentare le difficoltà legate alla cottura degli oggetti; costruire un muro con mattoni in argilla cruda per meglio comprendere la grande duttilità dell’uso di una materia prima tanto semplice quanto insostituibile in tutti i periodo storici. 

Inoltre, un tale approccio alla didattica risulta vincente anche dal punto di vista “umano”, funzionale a un coinvolgimento attivo e partecipato di tutti gli iscritti.

Uno sguardo al futuro dei ragazzi

L’intento è stato anche quello di avvicinare i più giovani al mondo dell’artigianato considerato come parte integrante dei Beni Culturali della Palestina. Per questo motivo si è concertata una serie di visite presso laboratori artigianali a Hebron e nella zona dell’antica Sebaste: gli artigiani hanno dimostrato la loro abilità nel selezionare l’argilla migliore, la loro maestria nella tornitura e il loro sapere. Questa parte del progetto ha rappresentato un momento di riflessione sulla necessità di non perdere un patrimonio tramandato di generazione in generazione. Si è fatta, dunque, dell’etnoarcheologia che è dimostra una solida unione tra passato, presente e futuro. “Abbiamo visto quanta passione ci hanno messo i ragazzi – conclude Jawad – e sono sicuro che alla fine saranno sempre più coinvolti per nel preservare il patrimonio culturale del nostro paese che sta scomparendo”.