Dopo mesi di speranze sussurrate e subito dissolte, ritrattazioni, passi avanti e passi indietro, la tregua tra Israele e Hamas è stata raggiunta: le voci dal campo raccontano sentimenti contraddittori, sollievo e paura si mescolano in un groviglio dolorosamente umano.
Tregua
«Sono Hussam Ghosheh, responsabile dell'Educazione al Patrimonio Culturale presso l'ufficio di Pro Terra Sancta a Gerusalemme. È un piacere poterci raccontare in questo giorno, che speriamo porti giustizia a questo mondo». Hussam racconta un clima di speranza e distensione, ma anche di preoccupazioni latenti che non tardano ad affiorare. «Questa battaglia può essere giunta alla fine, ma la resistenza del nostro popolo e il nostro desiderio di libertà non finiranno mai. Questo conflitto ha anche messo a nudo i doppi standard della stragrande maggioranza delle nazioni, una verità che la Storia non dimenticherà».
Le voci che oggi si sollevano dai territori di Israele e Palestina sono ferme, consapevoli che la gioia di questo momento non può e non deve oscurare la temporaneità di questo provvedimento: «C'è la consapevolezza di tutti che non è pace, non è la fine: è una tregua. Si spera per il meglio, ma è importante tenere l'attenzione alta in questo momento; niente è ancora finito», spiega Morgane Afnaim, responsabile dei progetti emergenziali dell’Associazione a Gerusalemme. Il sollievo è fragile, la diffidenza è forte dei 15 mesi di guerra che hanno lasciato dietro di sé solo macerie e sangue: siamo di fronte ad un «significativo passo in avanti, che dona speranza, ma che non segna la fine del conflitto». Lo stesso parroco di Gaza, padre Gabriel Romanelli lo sottolinea bene nel suo intervento.
Non smettere di parlare e di agire
Oggi più che mai è importante non rifugiarsi in un’illusoria distensione, ma continuare anzi a parlare di Gaza e delle necessità che non sono cessate all’improvviso: ora bisogna curare le ferite, intervenire con aiuti umanitari e incrementare l’impegno nella ricerca di una stabilità politica e umana. «Esortiamo le persone libere del mondo a non smettere di parlare e lottare», raccomanda Hussam: «Vi invitiamo a non risparmiare sforzi per fornire aiuto al nostro popolo a Gaza, sostenendo i bambini, le famiglie, i feriti e i rifugiati sia dentro che fuori Gaza. Rimaniamo fedeli alla convinzione che Gaza risorgerà dalle ceneri come una fenice».
«Continueremo a fornire supporto psicosociale alle famiglie colpite dal conflitto, in particolare a quelle con nuove disabilità acquisite a causa del conflitto», dichiara Fida Sharif, responsabile delle relazioni esterne dell’Associazione Atfaluna – Advanced Society for Deaf Children. «Per 15 mesi, tutto ciò che abbiamo desiderato è stata una qualche forma di sicurezza e pace; oggi vogliamo continuare a collaborare con Pro Terra Sancta per riportare alla vita il popolo di Gaza».
Di “semplice” non c’è mai stato nulla in questo intreccio di delicati fragilissimi equilibri, e “semplice” non è neppure la situazione all’indomani del cessate il fuoco: oltre che a Gaza, anche in Cisgiordania il clima è molto teso, cristallizzato in un respiro sospeso in attesa di ciò che accadrà. Racconta Morgane: «Qua nella West Bank in questi giorni hanno militarizzato molto di più: sono molti di più i controlli, gli spostamenti sono più limitati e anche più rischiosi».
Le voci
«I nostri sentimenti sono contrastanti: gioia intrecciata a lacrime e dolore per tutte le vite perdute in questa guerra. Nonostante il dolore immenso e le profonde ferite lasciate dai quindici mesi di massacri, proviamo orgoglio e speranza davanti alla straordinaria resilienza della nostra popolazione.» - Hussam
«La notizia dell'annuncio del cessate il fuoco ci ha portato sentimenti contrastanti di felicità e dolore.» - Fida
«I sentimenti sono un po' misti. Di sicuro c'è tanto sollievo per le notizie e i racconti che arrivano da Gaza: sentirli felici mentre raccontano come, finalmente, non si sentano più i bombardamenti, vedere i loro sorrisi… D'altro canto, questo sollievo si unisce alla tanta preoccupazione, anche paura per quello che sta succedendo adesso e per quello che verrà dopo.» - Morgane
Le voci di chi vive in Terra Santa si uniscono in un’unica voce quando cercano di esprimere la sensibilità collettiva in questi giorni che seguono la tregua: raccontano tutti una convivenza di sentimenti diversi – speranza, felicità, timore, paura, spaesamento. Le contraddizioni coesistono, la disperazione si affianca alla speranza e le lacrime del Medio Oriente oggi sono al contempo lacrime di sollievo e di dolore, di speranza e di lutto irrisarcibile.