Annunciato il cessate il fuoco a Gaza, torna una fievole speranza di pace stabile. Restano interrogativi e interessi contrastanti. In attesa della tregua del 19 gennaio, si prepara l’aiuto necessario, ma la vera sfida è un’altra.
Si festeggia a Gaza, a Tel Aviv, si festeggia il cessate il fuoco che, se reggerà, entrerà in vigore domenica 19 gennaio dopo 15 mesi di guerra sanguinosissima. E’ un passo importante certo, ma è solo l’inizio di un percorso di riconciliazione lungo e talmente pieno di ostacoli che potrebbe interrompersi ancora prima di iniziare.
Ora è tempo di intervenire, di far arrivare gli aiuti, portare sollievo, medicare; e pare che ci siano buone possibilità che al termine delle tre fasi previste dall’accordo, si arrivi ad una pace politica. Ma anche allora saremo solo all’inizio.
I 15 mesi di guerra hanno cambiato tutto. Oltre alla distruzione e alle ferite, il conflitto ha incenerito le relazioni e ha completamente ribaltato qualsiasi opzione di soluzione politica precedente al 7 ottobre 2023. Quindi bisognerà trovarne di nuove. Eppure, di nuovo, ci troveremo ancora all’inizio.
Perché “siamo consapevoli – come hanno dichiarato anche i capi delle Chiese di Terra Santa – che la fine della guerra non significa la fine del conflitto. È quindi necessario affrontare alle radici, in modo serio e credibile, le questioni profonde che stanno all'origine di questo conflitto da troppo tempo. Una pace autentica e duratura può essere raggiunta solo attraverso una soluzione giusta che affronti le cause originali di questo prolungato scontro. Ciò richiede un lungo processo, la volontà di riconoscere reciprocamente la sofferenza l’uno dell'altro e un'educazione mirata alla fiducia che porti al superamento della paura dell'altro e della giustificazione della violenza come strumento politico”.
Solo allora si inizierà a camminare davvero. Non è mai stato così evidente come in una recente missione fatta in Terra Santa per girare un progetto speciale di cui presto vi racconteremo; ad esempio, sotto la coltre di apparente normalità a Gerusalemme, la tensione rimane molto alta. Basta un nulla per scatenare violenza, un gesto mal interpretato, uno sbuffo di troppo per essere sequestrati, malmenati o addirittura uccisi. È sempre stato così, nonostante si sia parlato spesso di pace e si siano siglati centinaia di accordi: da sempre l’odio profondo che divide le persone è esploso in episodi violentissimi acuendo ancora di più le ferite secolari, ma oggi non ci sono più limiti.
La situazione è ancora più pesante in Cisgiordania. Dove ogni dieci chilometri almeno sono stati installati nuovi check-point volanti dove si passa senza troppi problemi, sorvegliati però a vista da un cecchino che punta direttamente alle macchine.
Curare le radici in Terra Santa
Ecco allora che, come dice la dichiarazione dei capi delle Chiese di Terra Santa, l’unica vera possibilità per una pace reale è curare alle radici. Ma cosa significa? Sicuramente ci sarà bisogno di innumerevoli momenti di incontro che saranno possibili solo con un grandissimo supporto internazionale.
In contemporanea però c’è bisogno di accompagnare tutti, dai più piccoli ai più grandi, in un cammino di riscoperta di sé stessi e delle proprie radici. Questo può essere fatto concretamente ad esempio attraverso la scoperta e studio del patrimonio storico e umano di questa terra. Lo abbiamo ripetuto tante volte e forse è davvero difficile far emergere il vero valore di questo tipo di attività.
La verità del patrimonio comune
Ma nel concreto è un’opportunità unica per molti motivi. Innanzitutto, perché spesso lo stesso patrimonio storico e archeologico viene utilizzato come strumento di propaganda e come arma impugnata da questo o da quello per giustificare la propria esistenza. Raccontare una storia diversa, ovvero che se si guarda alle testimonianze si trova di tutto tranne che la presenza esclusiva di un popolo rispetto ad un altro. Questo non lo dice nessuno, mentre potrebbe essere una base concreta da cui partire.
Lavorare sul patrimonio coinvolgendo i giovani locali e insegnandolo ai bambini è un modo per restituire una verità alle persone, un punto di incontro da cui partire per guardare in faccia chi fino ad oggi è stato il mio nemico. E’ un modo per riscoprire l’umanità reciproca e passare da una logica di esclusività di presenza, di diritto, ma anche di dolore ad una condivisione di tutti questi aspetti. Questo pro Terra Sancta insieme al Mosaic Center Gerico, lo fa da anni, in maniera costante e silenziosa, ma i frutti del lavoro sono bellissimi. Ora è il momento di farlo con ancora più determinazione.