celebrazioni cristiani

Approfondimenti: Le celebrazioni cristiane in Terra Santa

Giacomo Pizzi3 Marzo 2019

Se mai avete avuto l’occasione di trascorrere un po’ di tempo in Terra Santa, sarete probabilmente rimasti delusi nel momento in cui, volendo godervi un sabato a Gerusalemme, avrete trovato praticamente tutti i negozi e i ristoranti gestiti da ebrei, chiusi. Oppure ancora, potrebbe esservi capitato di voler dormire un’ora in più la domenica, ma avrete dovuto rinunciare al vostro proposito essendo stati svegliati dal traffico insistente di un normale giorno lavorativo o dagli schiamazzi dei bambini con zaino in spalla, mentre andavano a scuola.

Questo perché in Israele la settimana segue l’ordinamento ebraico secondo cui il lo Shabbat (da cui sabato), che ha inizio dal pomeriggio del venerdì e dura fino al tramonto del sabato, è il giorno di riposo principale e non è permesso svolgere attività di alcun tipo. In altre parti della Terra Santa, in Palestina o in Giordania per esempio, troverete sicuramente molti negozi chiusi al venerdì invece, perché è il giorno di preghiera e di riposo dei musulmani.

Diversamente dall’Europa, in Medio Oriente religione e società sono strettamente connesse. Non esiste distinzione netta tra religione e vita civile, né in Israele, né negli stati arabi. Di conseguenza se è stabilito che un giorno è vietato lavorare, nessuno (o solo pochi arditi) infrangerà questa regola. Lo stesso vale per le festività, che sono particolarmente sentite e molto rispettate.

I cristiani e i diversi calendari

Come tutti sanno, la Terra Santa è anche la terra di Gesù e quindi, da secoli, ci vivono anche i cristiani. Questi riposano la domenica, come in Occidente, ma essendo una minoranza (l’1%) si trovano spesso a dover seguire altri ritmi. Anch’essi però tengono particolarmente alle ricorrenze e alle festività che sono legate ai luoghi fisici della vita di Gesù, di sua madre, degli apostoli e dei santi e che per questo si colorano di particolari totalmente sconosciuti all’Occidente.

Prima di avviare il discorso sulle festività dei cristiani e in particolare quelle del periodo pasquale, occorre però fare un passo indietro e aggiungere un altro particolare: gli ebrei hanno un loro calendario solare, i musulmani ne seguono un altro, che è lunare e i cristiani non ne seguono uno, ma ben altri cinque differenti. Dunque in Terra Santa sono vigenti almeno sette calendari diversi.

Quando si parla di cristiani di Terra Santa, ci si riferisce più in generale a tutte quelle confessioni che hanno in comune il fatto di credere in Cristo, ma che hanno moltissime differenze tra loro. Vi sono almeno 12 confessioni cristiane, ma vedremo solo le principali, legate ai cinque calendari diversi. Condividono le festività principali come il Natale e la Pasqua, ma quasi mai le date coincidono.

Innanzitutto ci sono i Cattolici Latini che si rifanno al calendario seguito nella maggior parte del mondo, che è detto “Gregoriano” in onore di Papa Gregorio XIII che istituì la riforma del del calendario utilizzato in precedenza,  il calendario giuliano. Che è ancora seguito invece dagli Ortodossi, principalmente greci e russi. Vi sono poi il calendario armeno, il calendario copto e quello etiopico che in origine erano uniti perché inizialmente la chiesa etiope dipendeva da Alessandria.

Dato il gran numero di calendari diversi è facile immaginare quanto sia alta la probabilità di incappare in una qualche festività in giorni inaspettati. Così per esempio nel periodo pasquale al Santo Sepolcro di Gerusalemme vi capiterà una processione di cattolici latini che celebrano una ricorrenza. Qualche giorno dopo, incontrereste la stessa processione degli armeni, quindi i copti e così via.

La Pasqua

La festa più sentita dalle comunità cristiane in Terra Santa è la Pasqua, in particolare a Gerusalemme nella Città Vecchia, dove diventa quasi impossibile muoversi per le strade. D’altronde la Morte e la Risurrezione di Gesù sono il centro del cristianesimo e sono moltissimi coloro che vogliono celebrarla nel luogo dove avvennero.

Come si legge anche nel Vangelo, la Pasqua è in origine una festa ebraica, la Pesah che ricorda la sera precedente la liberazione dall’Egitto ed è legata al ciclo lunare. Per questo cade più o meno nello stesso periodo della Pasqua cristiana che ha data mobile (la Pesah cade sempre tra il 26 marzo e il 25 aprile, mentre la Pasqua cristiana tra il 22 marzo e il 25 aprile).

Per quanto riguarda i cristiani, è molto difficile che la data della Pasqua dei Latini coincida con quella degli Ortodossi. Accade raramente, come è successo nel 2017. Questo perché mentre il Natale ha una data fissa (25 dicembre per i cattolici latini e 7 gennaio per gli ortodossi), la Pasqua no. Quest’anno per esempio i latini festeggiano il 21 di aprile, mentre gli ortodossi il 28 dello stesso mese. La differenza aumenterà ancora notevolmente nel 2021 poiché i latini festeggeranno  il 4 aprile e gli ortodossi il 2 maggio. L’algoritmo di calcolo è complicato, ma per i più curiosi:

è possibile effettuare il calcolo qui.

Gli ortodossi e gli armeni inoltre hanno una particolare celebrazione per il Sabato Santo al Sepolcro di cui in Occidente non si sa nulla: la cerimonia detta del “Fuoco santo” o della “Santa Luce”. Le prime testimonianze sull’apparizione del Fuoco Santo risalgono al IV secolo. Simboleggia la luce che aveva illuminato il Sepolcro del Signore dopo la resurrezione di Cristo. Nella chiesa di Gerusalemme nei primi secoli del cristianesimo esisteva il rito della benedizione e dell’accensione serale di una lucerna prima della funzione pasquale. Tale consuetudine si è trasformata progressivamente nella cerimonia del “miracolo del Fuoco Santo”.

Secondo la tradizione in quest’occasione accade un miracolo: un fuoco discende dal cielo (mandato da un angelo) e va ad accendere il cero del Patriarca che poi diffonde la luce ad altre candele dei fedeli, che gremiscono il Sepolcro all’inverosimile. La cerimonia è forse la più sentita tanto che una torcia viene portata anche all’estero per accendere i ceri delle altre chiese ortodosse nel mondo. Inoltre, si dice che questo fuoco non bruci, dunque parte della celebrazione consiste nel passarsi le torce sul volto o sulle mani.