Libano: la crisi, le proteste e il lockdown Covid. Ora è povertà

Giacomo Pizzi10 Luglio 2020

Nemmeno il lockdown ha placcato le proteste in Libano. Non si tratta solo di attivismo online, in questi giorni infatti la popolazione è nuovamente scesa nelle piazze. Dal 17 ottobre 2019 nelle strade e sui social media è esploso un malcontento che si annidava da tempo nel Paese. Il Libano, come tanti Paesi del Medio Oriente, ha risentito degli effetti della guerra siriana che padre Firas Lutfi, ministro generale della Regione San Paolo, non esita e definire “una terribile guerra che non ha avuto uguali nel XXI secolo”. Per vicinanza geografica il Libano e la Giordania sono i Paesi, che più di tutti, stanno vivendo le conseguenze del dramma siriano. In Libano, in particolare, è arrivato un milione e mezzo di profughi siriani scappati dallo scontro armato.

In questo momento il Paese sta attraversando una crisi economica destinata a peggiorare. Anche il cambio di governo, dopo le dimissioni del presidente Hariri, affidato ad Hassan Diab non ha sedato il malcontento e ora il paese si trova a dover affrontare la crisi su diversi fronti.

Dal rapporto redatto dalla World Bank a novembre 2019 emerge una situazione preoccupante. Dal 2018 si stima che un terzo della popolazione libanese viva sotto la soglia della povertà (nel 2007 secondo l’ONU era del 25%).  Questi dati raffigurano un Libano prima della diffusione del Coronavirus. Con il propagarsi del Covid-19 e le misure restrittive adottate, si stima un ulteriore aumento della povertà che non colpisce solo le fasce più deboli (il 15% della popolazione vive con 1,3 $ al giorno), ma anche il ceto medio. Alcuni dati più recenti indicano che ora il 48% della popolazione vive in povertà.

“Se non si trova una soluzione – dice ancora fra Firas – il tasso di povertà della popolazione è destinato a salire fino al 50-52%”.

Moltissimi commercianti, artigiani e piccoli imprenditori hanno chiuso le loro attività e la lira libanese perde valore ogni giorno. Il paese è paralizzato dal punto di vista finanziario, economico e sociale: “a causa della crisi finanziaria le banche hanno trattenuto il denaro. Non si possono fare trasferimenti. Tante ditte hanno licenziato i propri dipendenti”, dichiara il frate.

Come Associazione Pro Terra Sancta continuiamo a sostenere le attività a sostegno della popolazione con progetti di accoglienza per le fasce più deboli della popolazione. “Non dimentichiamo che queste persone sono arrivate in Libano perché le loro case sono state distrutte sulle loro teste dalle bombe. Hanno dovuto raccogliere il necessario e scappare di notte. Queste persone – continua padre Firas – ancora vivono nelle tende dei campi profughi, patendo la fame e la sete, esposti alle intemperie”.

Nel corso del 2019 abbiamo portato aiuto a 85 famiglie povere irachene, siriane e libanesi a Beirut e Harissa. Il progetto ha sostenuto i costi per la distribuzione di cibo e medicinali, prodotti per l’igiene, pannolini e latte in polvere. Inoltre, abbiamo offerto supporto economico per materiale scolastico e per il pagamento delle rette scolastiche per i giovani studenti (liceali e universitari) arrivando ad aiutare 54 studenti; aiuto e supporto al pagamento degli affitti mensili. Inoltre, a Beirut, è stato coperto il costo dell’affitto annuale di una casa di accoglienza per 25 giovani universitari siriani.

Il nostro aiuto non verrà meno in particolar modo quest’anno in cui, a causa della pandemia, alla crisi economica si fa a sommare anche quella sanitaria.

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