Siria nove anni dopo: la crisi è appena iniziata

Giacomo Pizzi18 Marzo 2019

“La crisi in Siria non è ancora finita; diciamo piuttosto che è appena iniziata”. Lo ha affermato qualche giorno fa padre Ibrahim Alsabagh, parroco della chiesa di San Francesco ad Aleppo e noi, mentre il Paese entra nel suo nono anno di guerra, non possiamo che ripeterlo con forza: la crisi in Siria è appena iniziata, o meglio, è appena iniziata una fase di crisi molto più dolorosa e molto più profonda. Certo non si sente più parlare dei violenti combattimenti, non si parla più di bombe e di distruzione massiva, anche se si combatte ancora in alcune aree di Aleppo e il futuro di Idlib, dove si è concentrata l’ultima resistenza Jihadista, è incerto. Qui fra Hanna Jallouf e fra Luai Bsharat, ultimi due religiosi rimasti nell’area a servizio delle comunità dei villaggi di Knayeh e Yacoubie, vivono come “pecore in mezzo ai lupi”.

Lì si combatte ancora, ma una prova non meno gravosa si abbatte sul resto del Paese. “Anche se i missili – racconta fra Ibrahim – hanno smesso di cadere su di noi ad Aleppo, sappiamo per certo che l’emigrazione continua ancora. La ragione principale, più forte di tutte le circostanze terribili in cui verte il Paese, è il sentimento di insicurezza nei cuori feriti”. Un’insicurezza nei rapporti con l’altro e paura che colpisce soprattutto i giovani. Quelli rimasti, perché generazioni intere di ragazzi sono fuggiti dal Paese o sono morti combattendo e per questo il rapporto tra ragazzi e ragazze è di 1 a 12, i matrimoni sono drasticamente diminuiti e chi vorrebbe sposarsi non può farlo perché vive sotto la soglia di povertà, non ha modo di procurarsi cibo e medicinali, non ha una casa e non trova lavoro.

Inoltre non possiamo ignorare gli almeno 4 milioni di bambini tra 0 e 9 anni, che non hanno visto altro se non la guerra; di questi almeno 2.000 solo ad Aleppo, vivono abbandonati tra le macerie senza né padre né madre, isolati dalla comunità perché considerati figli del peccato. Tutti loro sono cresciuti feriti nel profondamente nel cuore, senza desideri o sogni. Non parlano, non ridono, non giocano: sono affetti da depressione infantile, sono distratti a scuola, scontrosi, richiusi su se stessi dentro una realtà distorta fatta di violenza e terrore. E in una quotidianità dove anche i rapporti tra gli adulti sono determinati dall’incertezza, soffocano, hanno tendenze suicide e sono violenti con gli altri.

“Ci vorrebbe un dottore dell’anima – dice ancora fra Ibrahim – un dottore che possa accompagnare i piccoli come i grandi, in un cammino di ripresa psicologica. Ma a Homs, città fantasma, ad Aleppo, composta al 70% dalle macerie, o ancora a Damasco, circondata da fabbriche e showroom sepolti dalla sabbia, così come nel resto della Siria, di dottori così non ce ne sono più”.

In questi otto anni di conflitto, noi di Associazione pro Terra Sancta abbiamo sempre sostenuto i francescani della Custodia di Terra Santa e il popolo siriano con molte attività. Lo abbiamo fatto grazie alla generosità di moltissimi di voi e vogliamo continuare a farlo con maggiore impegno. Per questo vi chiediamo di continuare ad assisterci ora che la crisi si fa più nera.

Vi chiediamo di assisterci mentre operiamo a Idlib, al fianco di padre Hanna, fra Louai e delle comunità di Knayeh e Yacoubieh. Vi chiediamo di assisterci dove non si combatte più: a Damasco nella distribuzione di medicinali, in ospedale, nelle attività con i bambini e ragazzi; ad Aleppo con padre Ibrahim Alsabagh, nella distribuzione di pacchi alimentari, medicine, beni di prima necessità, nella ricostruzione di case e nel sostegno al Franciscan Care Centre dove circa 250 bambini ricevono il sostegno psicologico necessario e svolgono attività di gioco e studio che risvegliano in loro la voglia di vivere e li fanno riacquistare fiducia in se stessi.

SOSTIENI LE NOSTRE ATTIVITÀ IN SIRIA!