middle east community program

Middle East Community Program 2018

Giacomo Pizzi24 Settembre 2018

Israele e Palestina tra territorio e comunità

“Un’esperienza per comprendere attraverso gli occhi dei suoi abitanti una terra così complessa”

Seduti in un ristorante in centro a Gerusalemme, gustando gli ultimi hummus e felafel prima di tornare casa, i ragazzi del MECP (Middle East Community Program) discutono tra loro: è tempo di fare un bilancio di queste intense tre settimane vissute insieme ad Associazione Pro Terra Sancta per approfondire la dimensione storico-politica, culturale e sociale del Medio Oriente ed in particolare di Israele e Palestina.

Il programma, organizzato in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e giunto ormai alla quarta edizione, ha visto la partecipazione di 15 studenti universitari (il numero è raddoppiato rispetto alla scorsa edizione) di diverse fasce d’età e di diversi indirizzi di studio, tutti accomunati dalla voglia di conoscere più da vicino una realtà complessa come quella israelo-palestinese.

Tra i racconti, gli aneddoti e le risate per i gioiosi momenti di convivialità vissuti insieme allo staff di ATS, sono emerse molte riflessioni e considerazioni sull’esperienza appena trascorsa: “il punto di forza di questo programma è che abbiamo potuto sentire voci diverse che possono offrire più prospettive utili per creare un quadro generale” osserva Maria. Infatti, i ragazzi hanno potuto assistere a lezioni di professori dell’Università di Betlemme, come il rettore Walid Atallah o lo storico Michel Sansure. “E’ importante capire che questi luoghi non esprimano una sola verità, ma molteplici, diverse narrazioni di una stessa realtà. Attraverso le lezioni tenute da esperti quali Osama Hamdan, architetto e direttore del Mosaic Center, o Hana Bendcowsky, direttrice del Jerusalem Center for Jewish-Christian Relations, siamo riusciti ad una visione ampia e sfaccettata del contesto politico e sociale con tutte le sue contraddizioni”

Molto spesso sono stati i luoghi stessi a parlare da sé: le visite di Hebron con il TIPH (i carabinieri italiani in missione), la Tenda delle Nazioni, le escursioni in Galilea e Samaria sono esperienze che hanno profondamente segnato i partecipanti. Inoltre per alcuni l’aver soggiornato a Betlemme ha permesso di instaurare dialogo diretto con la popolazione palestinese locale e di poter conoscere da vicino la realtà quotidiana di chi vive e affronta ogni giorno le difficoltà di questa terra.

I volti delle persone incontrate hanno regalato emozioni indelebili nel cuore di tutti, c’è chi come Elisa ricorda con piacere l’incontro con le donne dell’associazione femminile di Shouruq: “Il volto che mi porto a casa è Najwa, una ragazza di Betania, studentessa come me che cerca di costruire il proprio futuro in un contesto molto più difficile del mio”, chi come Marco è stato colpito dalla dedizione di Suor Lucia nel suo lavoro all’ospedale pediatrico Caritas Baby Hospital, chi come Francesca si porta a casa l’umanità che ha trovato in ogni persona indipendentemente dalla propria appartenenza.

Dalla parole di Salvatore si capisce il suo coinvolgimento in quest’esperienza: “la consiglierei a tutti perché non è soltanto visitare un luogo da ospiti o osservatori, ma immergersi al cento per cento nella cultura locale per poi ‘risvegliarsi’ dopo tre settimane. Non sarò le stessa persona al mio ritorno a casa”.

“Molti di noi sono arrivati con tante domande, oggi torniamo a casa con sicuramente molto risposte, ma nuovi altri innumerevoli spunti di riflessione che mi spingono a voler approfondire sempre di più” dice Rebecca. “E sicuramente a tornare!” aggiungono in coro altre ragazze.

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