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Betlemme. Imparare la lingua dei fratelli

Giacomo Pizzi5 Febbraio 2021

Dal 2016 Pro Terra Sancta si impegna a offrire corsi intensivi di lingua italiana agli aspiranti francescani e agli studenti di teologia che provengono da tutto il mondo.

Per loro l’italiano è una lingua veicolare all’inserimento nella vita comunitaria e nel percorso di devozione. Il  successo dell’iniziativa, fortemente voluta da Mons Pizzaballa, oggi patriarca di Gerusalemme e all’epoca Custode di Terra Santa, è stato tanto da attirare l’attenzione della comunità più viva di Gerusalemme e Palestina: i giovani.

È così che due anni dopo sono stati attivati per loro due nuovi corsi. “L’idea”, racconta Marta Ferrari, insegnante di italiano e coordinatrice dei corsi, “è nata per tenere viva la gioventù di Gerusalemme dopo un anno particolarmente difficile”.

Il progetto è stato reso possibile grazie alla disponibilità degli spazi della guest house Dar Mamilla, la dedizione di tanti giovani neolaureati italiani che si sono succeduti nell’insegnamento durante gli anni e l’entusiasmo di una ventina di partecipanti locali, per la maggior parte musulmani, che quest’anno, nonostante le difficoltà dovute all’emergenza sanitaria, sono stati promossi al livello II e frequentano le lezioni da remoto.

Online anche le lezioni per gli studenti del Mosaic Centre di Gerico, la cui adesione pre-Covid si attestava a 25 allievi contro i due che continuano ad oggi la frequenza. Il loro strumento principale per combattere i problemi dovuti alla scarsa  connessione è l’imbattibile entusiasmo e la passione per la lingua e la cultura italiana.

In Palestina l’italiano è amatissimo: “mi raccontavano”, continua Marta, “che la passione per l’Italia è nata quando la Coppa del Mondo dell’82 è stata portata a Beirut. Ci sentono davvero come amici perché siamo come loro: calorosi e aperti”.

All’insegna dell’accoglienza anche i mini corsi di inglese tenuti sempre a Gerico: poche e fondamentali frasi per far sentire a casa i turisti e un discreto numero di allieve per le quali imparare le lingue “è un valore aggiunto a livello lavorativo che apre loro un mondo di possibilità”. Gli allievi di Marta sono orgogliosi di parlare italiano e cercano ogni occasione per farlo. Sono incuriositi dalle nostre abitudini e “impazziscono letteralmente per i nostri modi di dire”.

Amano gli accenti e i dialetti, si rivedono in quel mosaico di identità culturali che è il Bel Paese e l’unica lamentela dei ragazzi che si trasferiscono per proseguire il loro percorso francescano è che in Italia si mangia troppa pasta.

La pandemia ha temporaneamente bloccato belle iniziative di aggregazione come la rassegna cinematografica in lingua italiana al Mosaic Centre di Betlemme, ma non ha fermato gli insegnanti di Pro Terra Sancta: è stato infatti appena attivato un corso online con gli studenti dell’Università di Gerusalemme.

A Marta è bastata una prima lezione ed ascoltare i primi semplici dialoghi fra i ragazzi per superare i suoi iniziali dubbi sull’efficacia della didattica a distanza. In un periodo di isolamento imparare una nuova lingua diventa un momento di incontro e di condivisione, un rimedio contro la solitudine e il senso di impotenza, regala sollievo e un obiettivo raggiungibile.

Non solo, grazie alle lezioni online Marta ha riscoperto la possibilità di raggiungere ancora più persone ed ha avuto tempo di riflettere sull’arricchimento personale che questa esperienza le ha dato: “certo, i risultati didattici sono stati proficui”, dice, “ma sono sempre stati accompagnati dalla bellezza dei rapporti. Non riuscirei a fare una lista delle persone che ho incontrato. Mi sono ritrovata immersa nelle loro storie: ho partecipato a fidanzamenti, matrimoni, visto nascere i loro bambini… e poi c’è Iyad (uno dei due studenti del Mosaic Centre di Gerico) con cui c’è un rapporto stupendo, di vera amicizia. Appena sarà possibile, siamo stati invitati a da lui e dalla sua famiglia a provare un vero pranzo beduino”.

Anche in Palestina, come in Italia, i giovani rappresentano una riserva da far fiorire. Sono la forza che riuscirà a dare voce, sostegno e dignità ad un popolo tarpato. Rimanere in contatto con loro è rimanere in contatto con la speranza della terra che serviamo: è così bello imparare la lingua dei propri fratelli in attesa di riabbracciarli.