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“Tutti siamo chiamati a essere poveri”: le parole del Papa e le notizie da Damasco, dove i frati continuano a stare accanto a chi soffre per la guerra

Giacomo Pizzi15 Ottobre 2013

“Tutti siamo chiamati a essere poveri, spogliarci di noi stessi; e per questo dobbiamo imparare a stare con i poveri, condividere con chi è privo del necessario, toccare la carne di Cristo! Il cristiano non è uno che si riempie la bocca coi poveri, no! È uno che li incontra, che li guarda negli occhi, che li tocca. Sono qui non per “fare notizia”, ma per indicare che questa è la via cristiana, quella che ha percorso san Francesco. San Bonaventura, parlando della spogliazione di san Francesco, scrive: «Così, dunque, il servitore del Re altissimo fu lasciato nudo, perché seguisse il nudo Signore crocifisso, oggetto del suo amore». E aggiunge che così Francesco si salvò dal «naufragio del mondo» (FF 1043)”.

Queste le parole di Papa Francesco, pronunciate il 4 ottobre nell’incontro con i poveri assistiti dalla Caritas di Assisi. Parole forti, di incoraggiamento e di stimolo per tutti ma soprattutto per chi ha come missione quella di assistere e stare vicino ai poveri, ogni giorno.

Ci giungono le notizie dalla Siria, dove i frati della Custodia hanno scelto – non a caso – la data della nascita di san Francesco, il 4 ottobre, per ricominciare l’attività educativa con i bambini. Una festa che dentro a tante difficoltà riesce ancora a mettere la gioia nel cuore. In Siria, come in tutta la Terra Santa, la devozione per il poverello d’Assisi risale a quasi 800 anni fa. Quando nel 1219, dopo la quarta – e disastrosa – crociata, san Francesco arrivò in Terra Santa, e ottenne di parlare con il sultano Malek al-Kamel. E proprio lo stile dell’incontro, del dialogo e dell’apertura all’altro è parte fondamentale del carisma di chi ha raccolto l’eredità di Francesco e la vive quotidianamente in Siria.

La Custodia è presente ancora oggi, al servizio di tutti – cristiani e musulmani – tra le grandi difficoltà. I frati continuano, instancabili, a pagare gli affitti delle case e a curare i malati. A volte però diventa un’impresa. Queste le parole di uno dei frati che si trovano a Damasco: “Ci hanno raccontato di una parrocchiana morta l’altro giorno per la febbre alta seguita alla frattura del femore. Non aveva medicine in casa e per diversi giorni nessuno è riuscito a trovarle. Noi ci stiamo attrezzando, e abbiamo cominciato a produrre medicine artigianali per far fronte alle emergenze”.

Per aiutare i frati a far fronte a tutte queste necessità, ricordiamo l’invito a partecipare alla raccolta fondi per l’Emergenza Siria. Basta poco per dare un segno concreto di vicinanza a questi fratelli, come ha ripetuto Papa Francesco nell’omelia pronunciata sempre il 4 ottobre ad Assisi:

“Ci rivolgiamo a te, Francesco, e ti chiediamo: insegnaci a rimanere davanti al Crocifisso, a lasciarci guardare da Lui, a lasciarci perdonare, ricreare dal suo amore.guardare da Lui, a lasciarci perdonare, ricreare dal suo amore. (…) Insegnaci ad essere “strumenti della pace”, della pace che ha la sua sorgente in Dio, la pace che ci ha portato il Signore Gesù.

(…) Rispettiamo ogni essere umano: cessino i conflitti armati che insanguinano la terra, tacciano le armi e dovunque l’odio ceda il posto all’amore, l’offesa al perdono e la discordia all’unione. Sentiamo il grido di coloro che piangono, soffrono e muoiono a causa della violenza, del terrorismo o della guerra, in Terra Santa, tanto amata da san Francesco, in Siria, nell’intero Medio Oriente, in tutto il mondo”.